La storia
“… Le nostre origini sono fondamentali per capire meglio la nostra cultura, le nostre tradizioni, perché la società attuale corre il rischio di essere sempre più estranea alle tradizioni tralasciate e dimenticate, ma noi stessi siamo aridi, egoisti, molto diversi dai nostri nonni che invece erano sicuramente più altruisti e comunicativi, soprattutto nella vita quotidiana. Tempi andati che noi dobbiamo recuperare e tramandare per non essere degli alberi senza radici.” (L’ex-sindaco, Eugenio Di Marco)
L’origine di primi insediamenti umani nell’attuale territorio di Roccacasale si è accertato risalire ad epoche pre-romane. Resti significativi di ciò si trovano nella località oggi denominata “Colle delle Fate”.
Il primo vero nucleo di abitazioni da cui si è sviluppato l’attuale paese è da far risalire intorno all’800/900 d.C.; in tale data si trova traccia dell’esistenza di una località denominata CASALI costruita sulle pendici dell’attuale Monte della Rocca (sperone ovest del Monte Morrone). Tale insediamento può essere individuato ancora oggi nei resti di costruzioni situate immediatamente al di sotto del castello.
Tuttavia la storia del paese e della comunità di Roccacasale inizia con la costruzione del Castello che, ancora oggi, nonostante i suoi 1000 anni e le sue decadenti condizioni architettoniche, spicca solenne a protezione del paese sottostante, e con il suo aspetto poderoso lascia facilmente immaginare gli eventi di cui fu protagonista.
Antonio De Sanctis, discendente della dinastia dei baroni di Roccacasale, fa risalire l’origine del Castello al 925, allorché il Duca di Spoleto, figlio di Lamberto, fu esortato dal Papa Giovanni X ad unirsi con altri principi per sbarrare la via della valle del Sangro e del piano di Cinquemiglia agli arabi e ai bizantini. I Saraceni, difatti, si erano già solidamente stanziati alle foci del Garigliano e seminavano stragi e terrore; nella Sicilia e sulla sponda adriatica, invece, dominavano i bizantini, che si spingevano verso nord con distruzioni e rovine.
Fu così che il duca di Spoleto, dopo aver convocato i suoi vassalli, il marchese di Camerino e i baroni di L’Aquila e di Teati (l’attuale Chieti), decise la costruzione del castello di Roccacasale su quello sperone, i cui abitanti appartenevano alla diocesi di Valva.
Il Wickam, dal canto suo, fa risalire l’edificazione del castello, anche se con qualche riserva, al 1056, mentre Perogalli cita la data 1025.
Tuttavia a prescindere dall’esattezza della data di edificazione, le cronache narrano che il duca di Spoleto nominò valvassore nella Conca di Sulmona Pietro De Sanctis, uomo di spiccate virtù militari, che scelse il luogo in cui costruire la rocca.
Quando Ottone I passò nella valle, diretto a scacciare i Greci dall’Italia Meridionale, Pietro si schierò con il suo esercito. La pergamena del 962 contiene un’ attestazione di encomio che il Duca rivolse al valoroso Pietro “per la bella e forte costruzione” del castello. Morto il primo dei De Sanctis, gli succedettero i figli, l’ultimo dei quali Giovanni, ottenne dal duca di Spoleto, per se e per i suoi successori primogeniti, il titolo di Barone e il feudo della Conca di Sulmona.
Negli anni il castello e le preesistenti Casali assunsero la struttura del tipico borgo medievale. Ed è intorno al 1200 che il nome di Roccacasale trova le prime origini.
Infatti tale borgo veniva indicato come Roccae Casalis Castrum ed il paese viene ricordato nella bolla di Lucio III dell’anno 1183 indirizzata al Vescovo di Valva con il riferimento: “quae sunt in Rocca”.
Nel periodo della IV crociata, sotto il barone Riccardo De Sanctis, il castello con tutto il centro fortificato che si era sviluppato, godette di un periodo di grande splendore sia dal punto di vista economico che sociale. Ciò presumibilmente fu possibile grazie all’attività svolta dal Barone Riccardo che partecipando alla IV crociata ed essendo conosciuto e stimato a Venezia poté promuovere un’ampia attività commerciale.
Dal 1250 fino al 1590 i Baroni De Sanctis persero presumibilmente il possesso del feudo di Roccacasale e quindi del castello, mantenendo comunque il proprio palazzo baronale. In questi anni infatti la storia dei Baroni e del borgo fortificato di Roccacasale sembra disgiungersi.
Risulta infatti che nel 1251 Roccacasale era feudo dei signori di Collepietro Aloisio e Manfredi; nel 1279 il paese con il castello apparteneva ai militi Gualtieri e Petrone di Collepietro; nel 1307 ne erano possessori il nobile Tommaso di Collepietro e il milite Tommaso suo omonimo, il quale diede in dote a sua moglie la sua parte che, nel 1318, fu venduta a Giacomo Cantelmo. All’inizio del quattrocento Roccacasale partecipò alle lotte per la successione Angioina che vedevano in opposizione l’esercito Caldoresco (che parteggiava per Renato D’Angiò) e l’esercito dei Cantelmo di Popoli (che supportavano Alfonso D’Aragona). I due eserciti si trovarono tuttavia uniti per difendere i Camponeschi Aquilani dai Gaglioffi e per ridurre la città di L’Aquila all’obbedienza Aragonese. I ribelli aquilani furono sottomessi e, nel 1486, Restaino Cantelmo ottenne dal Re il diritto di giudicare sopra le cause criminali di Pratola, Roccacasale, Pentima, Vittorito e altre terre appartenenti alla contea di Popoli. Negli anni compresi tra la seconda metà del quattrocento e la prima metà del cinquecento Roccacasale fu teatro di avvenimenti disastrosi: gravi scosse di terremoto danneggiarono il paese nel 1456; nel 1501 fu conquistata dai Francesi; la nevicata disastrosa del 1517 distrusse molte abitazioni.
Nel 1525 i destini dei Baroni De Sanctis e del feudo di Roccacasale tornano ad intrecciarsi. Infatti nel 1525 Il Capitano Giandomenico De Sanctis come Barone di Roccacasale prese parte alla battaglia di Pavia con le truppe imperiali guidate da Ferndinando D’Avalos, marchese di Pescara contro i Francesi. La perizia e l’abilità del Marchese di Pescara prevalsero sul numero dell’esercito nemico e lo stesso re Francesco I fu fatto prigioniero e condotto a Madrid dal Capitano De Sanctis.
Nel 1590 il paese fu recuperato da Ottavio Cantelmo di Popoli che ne rivendette la giurisdizione a Pietro Di Pietro di Sulmona che l’affidò a sua figlia Isabella, moglie del capitano Domenico Antonio De Sanctis di Roccacasale che aveva militato nell’esercito costituito per fronteggiare gli attacchi del bandito Marco Sciarra. Il Capitano Domenico Antonio De Sanctis, dai documenti recentemente individuati presso la Sezione dell’Archivio di Stato di Sulmona, ricoprì cariche di altissimo rilievo nel panorama feudale locale.
La storia di Roccacasale torna ad essere rilevante nel 1798, al tempo dell’invasione francese in Abruzzo, quando il Barone Giuseppe Maria De Sanctis fu chiamato dal Marchese di Pescara per accorere contro i Francesi che avevano assediato Camerino e che si dirigevano alla conquista del Regno Borbonico delle Due Sicilie. Nella battaglia le truppe del marchese di Pescara furono sconfitte e costrette a ritirarsi. Il Barone giunse a Popoli, dove gli fu affidato il comando delle masse lì riunite e il compito di predisporre la difesa di quel luogo. La resistenza fu strenua, ma i Francesi riuscirono a sbaragliare la difesa e, nel 1799, assalirono il castello di Roccacasale, ma furono costretti a ritirarsi. Il 15 marzo 1799 i Francesi al comando del generale Duhesme tornarono ad assalire il castello dove riuscirono ad entrare trucidando tutti i presenti ed appiccando il fuoco.
Il castello in quel frangente subì danni drastici. Da allora i Baroni De Sanctis, data l’ostilità dei cittadini, non ebbero più modo di ricostruirlo. Il castello che per 8 secoli era sopravvissuto a terremoti, assalti e miserie era ormai definitivamente in rovina.
Dopo la distruzione del castello e a causa delle ormai mutate condizioni socio-politiche in tutta Italia, la storia di Roccacasale perde la sua rilevanza a livello nazionale.
Nel corso dell’800 ripetute epidemie di colera decimarono la popolazione e col passare degli anni Roccacasale divenne una piccola comunità che aveva come unici mezzi di sostentamento l’agricoltura e la pastorizia.
Intanto il paese aveva perso la struttura urbanistica del tipico borgo medievale. Infatti il paese si sviluppa sempre più al di fuori del borgo antico.
Il periodo di buio per Roccacasale dura fino agli eventi della seconda guerra mondiale quando la generosità, il coraggio e la solidarietà della popolazione porta di nuovo Roccacasale sui libri di storia.
Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, i prigionieri inglesi, americani, sudafricani e quanti altri erano incarcerati nel campo di concentramento per prigionieri di guerra di Sulmona, con la passiva connivenza delle autorità italiane di sorveglianza, evasero tutti e si dispersero sui monti vicini con l’intento di sfuggire al rastrellamento messo in atto dai tedeschi e tentare di arrivare così in Molise dove si era avvicinata la linea del fronte.
Molti di questi prigionieri trovarono accoglienza a Roccacasale (e in tutti i paesi vicini).
Fra questi prigionieri c’era Uys Krige, un grande poeta e scrittore sudafricano autore di libri in cui narra dei periodi passati a Roccacasale.
Ignazio Silone nell’Avventura di un povero Cristiano scrive di un suo incontro con Krige:
“… Fu in un primo incontro a Roma verso la fine del’44 che il Krige mi parlò con le lagrime agli occhi dei pastori di Roccacasale, di Campo di Giove, di Castel Verino… egli non esitava ad affermare che il tempo passato fra essi era il più bello della sua vita, avendo allora intravisto, per la prima volta, la possibilità di relazioni umane assolutamente pure e disinteressate”…
e ancora scrive:
“… sulle pendici del Monte della Rocca, essi raggiunsero il villaggio di Roccacasale. Benché questo fosse già gremito di ex-prigionieri, e non vi fosse una sola famiglia a esserne sfornita, i tre furono ugualmente accolti a braccia aperte. L’intera popolazione, poverissima, si dava da fare dalla mattina alla sera per procurare agli ospiti un’alimentazione decente, mentre i tedeschi affiggevano sui muri manifesti che minacciavano la pena capitale a chiunque aiutasse i prigionieri alleati evasi. Un giorno i tedeschi arrivarono con un camion e prelevarono trenta ostaggi”…
Quei trenta ostaggi, povere persone che nessun crimine avevano compiuto, abitanti inconsapevoli di un piccolo paese, furono incarcerati nel Campo di Concentramento di Sulmona e vi rimasero tre giorni e tre notti soggetti ad ogni sorta di privazione. Dopodiché nove dei trenta furono deportati in Germania nei campi di sterminio. Tornarono solo in tre.
Dopo i tristi eventi della seconda guerra mondiale la storia di Roccacasale è segnata da una pesante emigrazione negli anni ‘50, ‘60 e ‘70 verso altri paesi europei e verso Canada e Stati Uniti. Numerose sono infatti le comunità roccolane in America.
Oggi Roccacasale è un piccolo paese al centro del Parco Nazionale del Morrone e della Maiella con una grande storia alle spalle, che spesso non si conosce ma che è di una importanza vitale per il futuro.